12 December 2006

Torta salata con zucca e salmone


La ricetta originale è quella delle 'sfoglie con zucca, patate e salmone' dell'ultimo numero di Cucina Naturale. Io l'ho adattata alle mie esigenze da celiaca, cercando di alleggerirla dato che la pasta sfoglia pronta che si trova in commercio per noi celiaci è molto 'ricca'. Riporto la ricetta originale e di seguito la mia variante.

Ingredienti
:: 100 gr di farina 00, 50 gr di farina di riso, 50 gr di farina di semola di grano duro, 75 gr di burro, un bicchiere di vino bianco, 2 spicchi di aglio, 2 patate, 400 gr di zucca Piacentina, 1 mazzetto di timo, 200 gr di carpaccio di salmone, 1/2 bicchiere di latte, 2 cucchiai di semi di papavero, pepe bianco, olio extra vergine di oliva, sale q.b.

:: impastate le farine con il burro, un pizzico di sale, una macinata di pepe e il vino bianco. Lasciate riposare l'impasto per un'ora.

:: rosolate l'aglio tritato, aggiungete le verdure a fettine, salate e cuocete per 15 minuti bagnando con poca acqua. Unite il salmone a pezzi e il timo, cuocete per 5 minuti e spegnete.

:: stendete l'impasto e ricavate 8 quadrati, adagiatene 4 in una teglia con carta da forno, distribuitevi sopra il ripieno, spennellate i bordi con poco latte, coprite con le sfoglie rimaste e sigillate. Spennellate con il latte e cospargete con i semi di papavero. Cuocete a 180 ° per 25-30 minuti e servite.
(secondo la ricetta, potete guarnire le sfoglie tenendo da parte un po' di zucca già cotta, frullata con dello zenzero grattugiato, e ai semi di papavero aggiungere zucchero)

:: Io ho utilizzato della pasta sfoglia surgelata per celiaci, e invece di sfoglie singole, ho fatto una torta salata 'classica', eliminando dal ripieno le patate. Per il ripieno ho saltato la zucca a cubetti con poco olio e sale grosso, bagnandola poi con del brodo vegetale (biologico e di ottima qualità, mi raccomando). L'ho insaporita con poco pepe bianco, curry e origano. Alla zucca ho aggiunto, a cottura quasi ultimata, il salmone a pezzetti piccoli. Ho preferito eliminare l'aglio, perché non alterasse il sapore dolce della zucca. Stesa la sfoglia su una pirofila di vetro, l'ho riempita con il ripieno ottenuto, e coperta con la sfoglia rimanente, che ho bagnato con poco latte e decorato con i semi di papavero. E poi, in forno per 35 minuto a 180°. Buona e veloce

13 November 2006

Oyako donburi


Oyako donburi

:: La parola donburi, categoria a cui appartiene questa preparazione, indica il piatto in cui viene servito il cibo, una ciotola da riso molto capiente con un sostegno rotondo. In mancanza di un recipiente laccato, una ciotola semplice, in ceramica o porcellana, andrà benissimo. L’oyako-donburi – oyako significa ‘genitore e figlio’ – ha come base del riso gohan (riso al vapore), che viene servito con pollo e cipollotti a cui sono state aggiunte delle uova. Caratteristica dell’oyako- donburi è quella di mantenere indietro la cottura dell’uovo, che deve rimanere molto morbido.

:: Preparazione:: Tagliare la polpa del pollo (si può anche tenere la pelle) in pezzetti di due-tre centimetri il più possibile regolari, e farla poi marinare in una ciotola con della salsa di soia leggera (per i celiaci, con della salsa tamari senza glutine, allungata con un po’ d’acqua). Nel frattempo, affettare finemente dei cipollotti, o in alternativa dei porri, in quantità a piacere.In un’altra ciotola, rompere tre uova e senza sbatterle, amalgamarle dolcemente con un cucchiaio di legno, in modo da rompere i tuorli senza però incorporarli completamente con il bianco. In una pentola, scaldare mezza tazza di brodo (il brodo dashi giapponese si trova già pronto in polvere oppure si ottiene con il katuobushi, scaglie di pesce bonito secco immerse in acqua bollente; in mancanza di questi ingredienti si può usare del brodo di pesce leggero oppure del brodo vegetale) a cui vano aggiunti della salsa di soia o salsa tamari a piacere ed un cucchiaio di mirin (sake da cucina) oppure di vino bianco. Aggiungere poi il pollo a pezzetti e cucinare a fuoco vivo. Quando il pollo è ormai cotto, aggiungere i cipollotti e le uova leggermente sbattute. Quando queste ultime cominciano a solidificare, mescolare delicatamente con un mestolo di legno. La pentola va tolta dal fuoco quando le uova sono a metà cottura, ed appoggiata su un canovaccio bagnato con acqua fredda in modo che non si cuociano ulteriormente. Disporre il riso cotto al vapore nelle ciotole e poi versarvi sopra il pollo con i cipollotti e le uova. Cospargere infine con dell’alga nori finemente sminuzzata e servire.

07 November 2006

yakitori


:: petto di pollo 400 gr
:: cipolotti freschi 2
:: sakè 2 cucchiai
:: mirin 2 cucchiai
:: zucchero 2 cucchiai
:: salsa di soia
:: riso al vapore, a piacere

:: Preparazione: Tagliare il pollo a dadini e la parte verde dei cipollotti a pezzetti di 2-3 cm. Preparate degli spiedini alternando pollo e cipollotti. In un pentolino, portare a ebolizione il saké insieme al mirin, lo zucchero e la salsa di soia (in alternativa al sakè e al mirin, potete utilizzare poco vino bianco secco). Spegnere. Far rosolare gli spiedini per 3-4 minuti in una padella antiaderente (la versione originale si prepara sulla griglia, se voi potete fate così!), aggiungere poi la salsa e lasciar cuocere, a fuoco basso, per altri 5 minuti. Servire gli spiedini con del riso al vapore.

16 October 2006

Niku-jaga


:: 500 gr di patate novelle tagliate a tocchetti
:: 2 cipolle bianche a rondelle abbastanza spesse, oppure scalogni tagliati a pezzetti
:: una tazza di pisellini
:: 3 o 4 carote tagliate a pezzetti
:: 300 gr di polpa di manzo tagliata fine (ma viene squisito anche con della lonza di maiale tagliata a striscioline)
:: due cucchiai di olio
:: due tazze di brodo dashi (sia istantaneo che ottenuto da katsuobushi, ma possono andare bene anche due tazze di acqua o brodo vegetale non salato)
:: quattro cucchiai di salsa di soia
:: due cucchiai di zucchero di canna
:: due cucchiai di sakè o vino bianco (o nulla :)

:: Preparazione :: In un wok o in una padella capiente ed alta fate saltare in olio caldissimo il manzo. Dopo un paio di minuti aggiungete la cipolla, le patate e le carote. Continuate a fuoco vivo per un paio di minuti. Aggiungete quindi l'acqua, la salsa di soia (a piacere nel senso che serve di fatto per salare ed insaporire, per cui consiglio di assaggiare il brodo dopo dieci minuti di cottura ed aggiustare eventualmente), il sakè e lozucchero. Abbassate la fiamma, coprite con un coperchio lasciando una parte scoperta, e lasciar ridurre il liquido per una mezz'orae comunque fino a quando le patate sono cotte al punto giusto. Verso fine cottura aggiungere i piselli, che richiedono più o meno 5 minuti per essere cotti. Ideale servito con del riso a vapore.

13 October 2006

ochazuke


La parola donburi, categoria a cui appartiene questa preparazione, indica il piatto in cui viene servito il cibo, una ciotola da riso molto capiente con un sostegno rotondo. In mancanza di un recipiente laccato, una ciotola semplice, in ceramica o porcellana, andrà benissimo.

L’ochazuke è un piatto della cucina tradizionale giapponese semplicissimo da preparare, una zuppa a base di riso e tè verde a cui possono essere aggiunti vari ingredienti a piacere, ottima con il pesce ma anche con pezzetti di carne, verdure al vapore e tofu alla piastra. Nella cucina casalinga giapponese, di solito questa preparazione viene utilizzata per preparare una zuppa veloce con gli ‘avanzi del giorno prima’, su cui viene versato tè bollente.

:: 1 cucchiaino di foglie di tè verde (ottimo sarebbe il genmaicha)
:: 150 gr di salmone cotto alla griglia o al forno
:: 250 grammi di riso giapponese ( riso a chicco corto) bollito o cotto a vapore
:: mezzo foglio di alga nori tagliato a striscioline
:: un cucchiaino di wasabi
:: 4 cucchiaini di salsa di soya o salsa tamari (quest’ultima adatta per chi è celiaco)
:: semi di sesamo tostati a piacere
Preparazione :: Dopo aver cotto il filetto di salmone in forno a 200° per circa 5 minuti, eliminate la pelle e le spine, e sfaldatelo completamente in modo da ottenere piccoli pezzi. Dividete il riso caldo in ciotole individuali e disponetevi sopra i tocchetti di salmone, spolverandoli poi con abbondanti semi di sesamo. Fate bollire l’acqua per il tè e raggiunto il punto di ebollizione, spegnete il fuoco e lasciate riposare un po’ prima di mettere il tè in infusione. Lasciate le foglie in infusione per un minuto, non di più. Filtrate il tè e versatelo sulle ciotole con il riso e il salmone. Completate guarnendo con le striscioline d’alga e insaporendo la zuppa con salsa di soya e wasabi.

04 September 2006

velocissima



insalata con pomodori ciliegia, scalogno, cetriolo e aringa affumicata

14 June 2006

Fiori di Zucca fritti


Secondo le mie fonti, i fiori di zucca fritti andrebbero accompagnati da un APRILIA TREBBIANO (vino fermo, di colore paglierino con riflessi verdognoli, di sapore fresco leggermente acidulo, per contrastare la pesantezza del fritto), ma ieri sera invece, con questa speciale frittura fatta con pastella per celiaci (farina di riso, acqua gassata freddissima, poco lievito secco per celiaci, sale, amalgamati ad ottenere un impasto denso per farlo ben aderire ai fiori di zucca da friggere) ci siamo 'scolati' una bottiglia di Primitivo Salento, igt dell'azienda Castello Monaci, del 2004. Cito dall'etichetta:
Vino prodotto con uve dell'omonimo vitigno autoctono, di origine antichissima, noto in tutto il mondo con il nome di Zinfandel. Un vino di corpo e di struttura, parzialmente affinato in barrique.

30 May 2006

esame superato!

un terzo di me è sommelier... ma devo decisamente approfondire vini liquorosi, metodo Soleras, e concetto di terroir... e molto altro ancora. fino al prossimo corso, c'è l'estate di mezzo, e sistemerò nella mia testa tutto quello che è rimasto nebuloso.

26 May 2006

Appunti di enologia

Non sono molto preparata per l'esame di lunedì....non credo che vi farò sapere i risultati ^-^

Appunti di enologia, dal sito dell'azienda Vebi (Istituto Biochimico)

17 May 2006

ratatouille


Per 4 persone: 1/2 Kg di pomodori maturi - 1 peperone rosso - 1 peperone giallo - 1 melanzana - 4 zucchine piccole - 1 cipolla grossa - 2 spicchi d'aglio - 4 cucchiai di olio extravergine d'oliva - 1 rametto di timo - sale e pepe

Lavate e tagliate tutte le verdure: a pezzetti, a rondelle o a fettine a seconda del tipo.In una grossa padella scaldate l’olio e, a fuoco basso, fate rosolare le melanzane e le cipolle finché quest'ultime diventano trasparenti. Dato che le melanzane assorbono molto olio, aggiungetene dell’altro se ce ne fosse bisogno.Unite quindi i peperoni, le zucchine, l’aglio, il timo e fate cuocere, mescolando di tanto in tanto, per circa 8 minuti; aggiungete i pomodori e condite con il sale ed il pepe. Fate cuocere per altri 8 minuti circa. A fine cottura togliete il rametto di timo.

10 May 2006

Fermentazioni spontanee e indotte. Lieviti indigeni e lieviti selezionati.


E' difficile pensare all'esistenza di un lievito "universale", che possa servire in qualunque condizione e circostanza anche se esistono prerogative costanti che un lievito deve possedere quali: la bassa produzione di schiuma, di acidità volatile, acido solfidrico e aldeide acetica; inoltre i ceppi di lieviti utilizzati in enologia hanno buon potere di trasformazione degli zuccheri con alta resa in alcool e azione positiva sulla limpidezza.In più, però, esistono sistemi di miglioramento genetico nei lieviti che tengono conto della materia prima, delle condizioni ambientali e del tipo di vino da produrre. D'altra parte è possibile effettuare, nell'ambito delle fermentazioni controllate, le "fermentazioni associate", con più lieviti che svolgono il processo e con un effetto scalare: per esempio utilizzando un lievito basso produttore di acido acetico, non molto alcoligeno (produttore di alcool), come Kluiveromyces termotolerans e, inoculando dopo qualche giorno un Saccharomyces cerevisiae, ad alto grado alcolico. E' da considerare il fatto che un mosto ad alto tenore zuccherino richiede particolare cura: per ottenere un vino con una gradazione alta le attenzioni sono, in genere, maggiori. Esistono fattori che favoriscono lo sviluppo e l'attività dei lieviti: la temperatura(T) è uno dei più importanti. I lieviti sopravvivono alla T dell'aria liquida e fino a 50°-55° C , ma il loro intervallo di sviluppo è situato tra 10° e 35° C: la vinificazione si svolge in questo intervallo di T .
Nelle zone fredde se la T è troppo bassa e le condizioni atmosferiche non particolarmente favorevoli può accadere che le uve si raccolgano dopo le prime nevicate: la fermentazione, allora, stenta a partire, il suo andamento può essere troppo lento e possono svilupparsi muffe: in questo caso si interviene sul lievito, con la scelta di un ceppo criofilo ( amico del freddo) , oppure si fa un mosto d'avviamento abbondante, un integrazione azotata e si riscalda. Nelle zone calde, invece, l'intervallo di T può superare la zona critica, 35°-37°C: il lievito prima mostra sofferenza e poi muore, la fermentazione si arresta: bisogna intervenire tempestivamente perché i lieviti non ci sono più ma continuano a vivere alcuni batteri che provocano una gamma di alterazioni, di cui parleremo in seguito: come intervenire? L'azione è in funzione dei sintomi e si ha un' ampia scelta: la prima azione è la prevenzione, cioè la scelta di lieviti dotati di resistenza in presenza di alta T e con energia fermentativa non eccessiva; la seconda opzione è il raffreddamento che può essere diretto o indiretto; inoltre si può "tagliare" il mosto in fermentazione con mosto fresco, aggiungendo solforosa che rallenta il processo oppure effettuando i "rimontaggi" che apportano ossigeno e danno più vita al lievito inducendo aerazione: anche se i lieviti sono organismi anaerobi facoltativi e sopravvivono anche senza ossigeno (un esempio è la fermentazione) l'ossigeno è fondamentale all'inizio del processo. In condizioni di anaerobiosi stretta i lieviti non riescono a trasformare gli zuccheri e la loro moltiplicazione non avviene come dovrebbe.
Oltre ai rimontaggi , che avvengono nelle prime fasi della fermentazioni, "pescando" con una pompa dal fondo e rimettendo dall'alto il liquido, un'altra tecnica per aerare è la follatura praticata con un lungo bastone di legno nel "cappello galleggiante", per liberare anidride carbonica e immettere ossigeno. Per una eccellente fermentazione occorre che nel mosto vi siano sostanze nutritive adeguate: sono necessarie fonti di carbonio, azoto, sali minerali e fattori di accrescimento: le fonti di carbonio sono rappresentate dai glucidi e nessun mosto ha problemi in questo senso: l'eccesso di tali composti potrebbe invece portare il lievito ad una minore produzione di alcool ed ad un aumento dell'acidità volatile: gli zuccheri non sono l'unica fonte di carbonio, in qualche caso è l'alcool stesso a fornirlo. Il mosto ha una dotazione, in genere, sufficiente in sali minerali, mentre abbisogna di azoto che può essere fornito sotto forma di sali ammoniacali. Per le vitamine, è consentita l'aggiunta di tiamina, la vit. B1, mentre innovative e importanti sono le scorze di lievito che, in sintesi, apportano vantaggi sensoriali e "disintossicano" i lieviti, veri motori dell'intero processo.




03 May 2006

Gli elementi attivi nelle fermentazioni. I batteri e i lieviti


L’enologia è una scienza microbiologica e vi sono fondamentalmente due tipi di microrganismi coinvolti: i lieviti che fanno il vino e i batteri che lo affinano; purtroppo, esistono specie batteriche e di lieviti che, invece, possono rovinare la bevanda in quanto agenti di alterazioni.
Che cosa sono lieviti e batteri?
I batteri sono organismi procarioti , con una grado di evoluzione complessivamente minore rispetto ai lieviti, eucarioti, ma possono agire sul mosto e sul vino in modo incisivo. Occorre pensare ai lieviti come a microscopici funghi unicellulari responsabili delle fermentazioni, cioè della trasformazione del mosto d’uva in vino attraverso l’utilizzo dello zucchero presente. I lieviti possono essere indigeni, se si trovano sull’uva, sulla buccia, o selezionati, quando vengono isolati in ceppi, in possesso di ottime caratteristiche di attività e moltiplicati a livello industriale: l’aroma dell’alcol dipende quindi non solo dalla materia prima di partenza ma anche dall’attività dei microbi. Per millenni la trasformazione in bevanda alcolica è stato un fenomeno misterioso e solo nell’’800 furono individuati i saccaromiceti (letteralmente: funghi dello zucchero), come agenti della fermentazione alcolica. I prodotti di tale metabolismo sono soprattutto alcol etilico e anidride carbonica. La fermentazione può essere spontanea o controllata: nel primo caso, immaginiamo la vendemmia: i grappoli vengono schiacciati, i lieviti che si trovano sulla superficie passano al mosto, si moltiplicano, consumano ossigeno, avvengono lotte di sopravvivenza tra le varie specie di lieviti, mentre scompaiono muffe, batteri acetici e lieviti a metabolismo ossidativo: possono resistere e sopravvivere lieviti con scarsa resa, basso grado alcolico in grado di dare una fermentazione irregolare e con sprechi; l’indubbia iniziale prevalenza di lieviti detti“apiculati”rende le fermentazioni poco redditizie. Nella fermentazione controllata si sterilizza il mosto e si introduce un lievito selezionato o si opera riducendo drasticamente la popolazione naturale con operazioni quali la refrigerazione, la sfecciatura, la filtrazione e la flottazione(uccidendo così migliaia e migliaia di lieviti selvaggi…). L’introduzione di anidride solforosa nella fermentazione controllata è utile in quanto ha valore di antisettico, antimicrobico e a piccole dosi anche stimolante del processo. I lieviti selezionati possono trovarsi pronti per l’utilizzo in forma fluida e in forma liofilizzata, cioè in polvere; esistono inoltre i lieviti secchi attivi, molto pratici, che possono essere introdotti in un mosto iniziale non sterile dove dovranno prendere vigore e sopravvento sul resto della popolazione. Il lancio commerciale dei lieviti selezionati avvenne a partire dagli anni ’30-’40 e si prometteva che un lievito selezionato da un vino prestigioso avrebbe potuto rendere qualunque vitigno o mosto altrettanto eccellente: in realtà non è proprio così. E’opinione diffusa considerare i vini bianchi come bevande più “tecnologiche” e quindi più soggette all’utilizzo di lieviti selezionati: In questi ultimi anni, in funzione di nuove esigenze di produzione ed anche commerciali la questione interessa anche i vini rossi. Nel mosto e nel vino possiamo assistere anche alla fermentazione maloalcolica, compiuta dai lieviti e, solo nel vino, alla malolattica, opera di batteri. Lo scopo è quello di abbattere il contenuto di acido malico che se presente in quantità eccessiva non è gradevole, dà una nota aggressiva che non giova all’armonia e alla morbidezza del vino.Nella maloalcolica, un gruppo di lieviti, gli schizosaccaromiceti, trasforma l’acido malico in alcol etilico e anidride carbonica. Nella malolattica, che può essere spontanea o indotta da ceppi selezionati sono i batteri Leuconostoc oenos e Lactobacillus plantarum a essere protagonisti che avviene sempre dopo la maloalcolica e nella misura del 30% dei vini bianchi e del 70% dei vini rossi nel mondo, conferendo una notevole morbidezza e un’attenuazione del senso di astringenza della bevanda.







13 April 2006

I costituenti chimici dell’uva e la loro influenza sulla composizione del mosto e del vino


IL GRAPPOLO D'UVA
Il grappolo d’uva che viene raccolto a maturazione contiene una tale quantità di composti da risultare una vera miniera per i ricercatori, una delizia per i degustatori e un potenziale enorme per i processi che conducono alla produzione di vino. Esistono notevoli differenze di composizione tra le diverse parti del grappolo e il significato dal punto di vista della lavorazione enologica assume aspetti diversi, in funzione delle varie parti coinvolte. Il grappolo dell’uva è costituito dal graspo e dagli acini (chiamati anche bacche), appesi per il peduncolo, con vinaccioli, polpa e buccia.
CARATTERISTICHE ESTERNE DELL'ACINO D'UVA
Nell’acino sono presenti fasci vascolari che dal peduncolo si ramificano e raggiungono i semi. Dall’esterno verso l’interno dell’acino la prima particolarità che si incontra è costituita dalla pruina, sostanza cerosa che ricopre la buccia dell’acino e gli conferisce un aspetto vellutato, influendo sul colore del grappolo. Al microscopio elettronico la pruina si presenta come una serie di foglietti impilati gli uni sugli altri ed ha una composizione complessa: per una parte, circa un terzo, è formata da acido oleanolico che attiva la fermentazione, per il resto è costituita da una serie di composti che vanno dagli alcoli agli acidi, dagli esteri alle aldeidi. La pruina, oltre ad avere un effetto protettivo sull’acino, impedisce l’evaporazione di acqua che resta in parte possibile per la presenza di lenticelle che sono piccole discontinuità sulla buccia. Sulla superficie degli acini maturi sono presenti i lieviti indigeni, vale a dire quelli che potrebbero dare la fermentazione spontanea dei mosti; oggi si utilizzano tecniche fermentative differenti che utilizzano lieviti selezionati: le vedremo più avanti. Sulla buccia sono anche localizzate le sostanze che conferiscono il colore dell’uva e del vino: sono gli antociani. La polpa degli acini è, in genere, incolore tanto che potremmo ottenere, per spremitura soffice, vini bianchi da uve rosse; esiste qualche cultivar di uva, detta Teinturier, che possiede la polpa colorata, per la presenza anche all’interno dell’acino di queste sostanze. Gli antociani , che prendono anche il nome di antocianine, sono molecole complesse che possono dare luogo a derivati privi di zucchero, le antocianidine: la presenza negli acini di antociani con caratteristiche lievemente diverse consente di raggruppare le varietà di Vitis vinifera in famiglie simili per composizione antocianica.
COMPOSIZIONE INTERNA DELL'ACINO D'UVA
Nell’acino si accumulano gli zuccheri che saranno utilizzati nella fermentazione: sono le sostanze presenti in maggiore quantità, dopo l’acqua, nella misura variabile dal 15% al 30% . Pur considerando che l’acino all’inizio del suo sviluppo contiene clorofilla e può svolgere la fotosintesi gli zuccheri vengono portati dalle foglie all’acino sotto forma di saccarosio che, successivamente, si scinderà in glucosio e fruttosio. Gli acidi presenti nell’uva sono fondamentalmente 3: il tartarico, il malico e, in minore quantità, il citrico. Inoltre, attraverso una particolare fermentazione denominata "malo-lattica", i lieviti possono produrre acido lattico che nei vini rossi conferisce un sapore più vellutato. Infatti, volendo creare una scala di valori di "aggressività" per il palato, il tartarico si colloca davanti al citrico il quale, a sua volta, è davanti agli altri. L’acido tartarico ha inoltre la peculiarità di essere caratteristico dell’uva e alcuni suoi sali possono dare nel vino problemi per la loro scarsa solubilità. L’uva matura contiene vitamine ed enzimi, indispensabili per la vita dei lieviti e dei batteri presenti.: vitamine del gruppo B, la B1, la B2, la B6, piccole quantità di vitamina C e la nicotinamide (vitamina PP), oltre ad un fattore di crescita, derivato dell’inositolo. Sia le vitamine che gli enzimi presenti nell’uva sono molto importanti per le trasformazioni prima della fermentazione. Ci sono anche aminoacidi e sostanze azotate, utili per lo sviluppo e l’alimentazione degli organismi fermentanti.I tannini sono composti che hanno capacità di legarsi alle proteine e unendosi ad esse formano complessi fioccosi che inglobano le particelle sospese e lasciano il liquido limpido: sono così usati come chiarificanti e presenti nell’uva e nei vini in misura diversa a seconda della cultivar. I tannini conferiscono al palato la caratteristica astringenza, dovuta alla precipitazione delle proteine della saliva.L’elemento chimico più rappresentato nell’uva è il potassio, seguito dal calcio e dal magnesio; per ultimo il sodio, presente in maggiore quantità solo nelle uve dei vigneti coltivati al bordo del mare.Dai vinaccioli, i semi della vite, si estrae un olio che trova impieghi industriali.
SOSTANZE ODOROSE PRESENTI NELLE UVE
Abbiamo sino ad ora affrontato tematiche che coinvolgono la vista, il gusto, il tatto; uno dei termini fondamentali, che caratterizza uva e vino, è costituito dall’odore. Le sostanze odorose nelle uve e nei vini si possono distinguere in più gruppi: quelle presenti nell’uva con aromi caratteristici e passano nel vino conferendogli il profumo, come nel caso dell’aroma del moscato; quelle che derivano dalla vita dei lieviti, gli agenti della fermentazione, e danno il carattere "vinoso"; per ultime le sostanze paradossalmente "inodori" derivanti in parte dall’uva e in parte dalla fermentazione: queste si trasformano molto lentamente e danno origine al bouquet. Le uve possono essere aromatiche oppure a sapore semplice: Le uve aromatiche sono tali perché possiedono composti che prendono il nome di terpeni: questi determinano l’intensità dell’aroma e la loro concentrazione in taluni casi è talora più elevata nelle bucce che nel succo, come nel caso del geraniolo. Esistono diverse tipologie di terpeni : alcuni, come il linalolo hanno una soglia di percezione molto bassa (si sentono subito anche a concentrazioni basse), altri invece liberano lentamente nel tempo alcool terpenici che si trasforma in composti senza particolari caratteristiche odorose. Tra le sostanze presenti in diverse parti della vite ed anche nell’acino sottolineo la presenza del resveratrolo che si definisce chimicamente una fitoalessina: questa sostanza ha attività antiossidante, protegge dall’azione delle lipoproteine a bassa densità ( abbassa il tasso di colesterolo) e svolge un’interessante azione cardioprotettiva: ne parleremo ancora quando tratteremo dei composti utili contenuti all’interno del vino.

07 April 2006

Estemporanea - Tignanello



Lo so, che sono indietro, Sammy!!!! ^-^
Questo è un post estemporaneo, perché non è dedicato ad un vino degustato a lezione, ma ad un vino che ho avuto l'occasione di assaggiare anni fa, ad una cena in famiglia. Il nome l'avevo pure dimenticato, ma poi spulciando la sezione vini del sito
www.diwinetaste.com, si è riaffacciato alla memoria.
La recensione è del Tignanello Antinori, annata 2001

Uvaggio: Sangiovese (85%), Cabernet Sauvignon (10%), Cabernet Franc (5%)

Vino rosso

Questo vino si presenta con un colore rosso rubino intenso e sfumature di rosso granato, poco trasparente. Al naso rivela aromi intensi, puliti, gradevoli, raffinati ed eleganti che si aprono con note di amarena, prugna e mirtillo seguite da aromi di mora, vaniglia, viola appassita, liquirizia, tabacco, pepe rosa, cacao, cannella, eucalipto e peperone. In bocca ha ottima corrispondenza con il naso, un attacco tannico e comunque ben equilibrato dall'alcol, corpo pieno, sapori intensi, buoni tannini, piacevole. Il finale è molto persistente con lunghi ricordi di prugna, amarena e mirtillo. Un vino molto ben fatto. Tignanello matura per 14 mesi in barrique a cui seguono 12 mesi di affinamento in bottiglia.

Abbinamento: Selvaggina, Carne arrosto, Stufati e brasati di carne, Formaggi stagionati

21 March 2006

Degustazioni I - GEWURZTRAMINER



Il primo vino che abbiamo degustato alla lezione di ieri sera, è un Gewurztraminer, denominazione Alto Adige doc, della cantina di Caldaro, annata 2004, 14 °. Di seguito riporto la descrizione che ne viene fatta nel sito del produttore (si tratta però dell'annata 2003) e poi, a chiusura del post, quello che abbiamo 'indovinato' noi allievi del corso, ieri sera.

Caratteristiche
Negli ultimi anni il Gewürztraminer è diventato uno dei vini più richiesti dell’Alto Adige. È un vino di colore giallo paglierino fino a giallo dorato, ben strutturato, dal profumo da leggero a penetrante, secco e delicatamente aromatico al gusto. Accanto a lievi note speziate si avvertono anche sfumature di chiodi di garofano, rosa e litchi.

Abbinamenti
È indicato per antipasti di pesce, paté, fegato d’oca, ma è eccellente anche come aperitivo o vino da dessert.

Temperatura di servizio:10-12° C

Dati tecnici
Annata
2003: germogliamento precoce, primavera calda e umida, fioritura molto precoce (metà maggio), estate estremamente calda con precipitazioni scarse fino alla fine di ottobre. Vendemmia molto precoce con uve perfettamente mature e sane

Sensazioni degustative
esame visivo: colore giallo paglierino intenso
esame olfattivo: aromatico con profumi di petali di rose, Lychee e ananas
esame gustativo: pieno e cremoso al palato, finale aromatico di lunga persistenza.

Il vino degustato durante la lezione...
esame visivo:
color giallo paglierino intenso con tonalità verdognole sull'unghia, limpido e trasparente
esame olfattivo: note fruttate, con una spiccata prevalenza di pera Williams (che è uno dei marcatori del Gewurtztraminer), profumo di fondo minerale (pietra focaia) o 'farmaceutico'
esame gustativo: il vino presenta una punta di acidità che ben si accompagna al suo calore (senzazione 'calorifera' dovuta al grado alcolico), il gusto è morbido per un vino di grande equilibri, attacco di bocca notevole, ma poco persistente.

NOTE

1) (esula dal contesto degustazione) da brava e convinta animalista, non abbinerò MAI il Gewurtztraminer al patè d'oca ^-^ povere creature
2) arrivata alla 4 lezione comincio a farmi una vaga idea della difficoltà dell'impresa in cui mi sono imbarcata. Per ora la parte più difficile - e comunque ce lo avevano anticipato - rimane l'esame olfattivo: delle miriadi di profumi e sentori, riconosco solo gli aromi da cucina, e ancora non li decifro nel vino. I profumi dei fiori e dei frutti sono un mistero per me, e, rovinata dalla cultura classica ;-), troppo spesso cado in quella che è una figura retorica che tanto amo, la sinestesia (procedimento retorico che consiste nell'associare, all'interno di un'unica immagine, sostantivi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse, che in un rapporto di reciproche interferenze danno origine a un'immagine vividamente inedita) per cui un profumo per me può tranquillamente essere amaro, con buona pace del docente che si dispera.
3) degustare un vino ad 'etichetta nascosta' mi pare avere poco senso, dal momento che l'esame del sommelier deve accertare se quel vino risponde o meno alle caratteristiche 'codificate' per la sua categoria. Questo lo può fare un sommelier esperto, ma per me che comincio, per lo studio e l'allenamento ai profumi e ai sapori, è molto più efficace prima studiare le caratteristiche che un vino dovrebbe avere, e poi passare ad esaminarlo nella pratica, verificarne le corrispondenze e gli eventuali difetti. Durante le prime due lezioni abbiamo degustato vini ad etichetta nascosta, e ho notato una grande confusione. Ieri sera, invece, il percorso è stato fatto al contrario, in modo più sistematico e (a me almeno) più chiaro.

28 February 2006

Sommelier III - Temperatura di servizio dei vini


La temperatura di servizio del vino è un aspetto fondamentale che consente di apprezzare le sue qualità organolettiche in modo appropriato. La tabella che segue riassume le temperature di servizio per le varie tipologie di vini.
Bianchi giovani 10° - 12° C
Bianchi maturi 12° - 14° C
Rosati giovani e leggeri 10° - 12° C
Rosati maturi e corposi 12° - 14° C
Rossi novelli 10° - 14° C
Rossi giovani, poco tannici e leggeri 14° - 16° C
Rossi maturi, tannici e corposi 16° - 18° C
Rossi molto maturi e affinati 18° C (20° C)
Spumanti dolci e aromatici 8° C
Spumanti rossi dolci e aromatici 10° - 12° C
Spumanti “metodo Charmat” 8° - 10° C
Spumanti “metodo Charmat lungo” 10° - 12° C
Spumanti “metodo classico senza anno” 8° - 10° C
Spumanti “metodo classico millesimati” 10° - 12° C
Passiti e Vini Dolci 10° - 18° C
Fortificati o Liquorosi 10° - 18° C


I vini bianchi
Sono in genere più acidi dei vini rossi e, rispetto a questi, sono poveri in tannini e quindi la sensazione di astringenza sarà molto bassa, praticamente nulla. Considerando che una bevanda acida diventa più gradevole a basse temperature, i vini bianchi non vengono generalmente serviti a temperature alte. La temperatura preferenziale per questi vini varia in genere fra i 10° C e i 14° C. I vini bianchi giovani, freschi e aromatici possono essere serviti anche a 10° C mentre quelli meno aromatici a 12° C. Vini bianchi morbidi e maturi, affinati per qualche anno in bottiglia, sopportano temperature più alte e potranno essere serviti fra i 12° C e i 14° C. Servire un vino bianco ad una temperatura più elevata di queste, significa esaltare i suoi caratteri “dolci” a scapito dell'acidità e della sapidità che invece sono considerate caratteristiche gradevoli e desiderate in questo tipo di vino.

I Vini rosati
Il servizio dei vini rosati segue, in genere, le stesse regole dei vini bianchi. Tuttavia è necessario considerare l'eventuale tannicità di questi vini e servirli quindi ad una temperatura più alta in modo da non renderli troppo astringenti. Vini rosati giovani e freschi, tannicità permettendo, si servono fra i 10° C e i 12° C, mentre quelli più robusti e di corpo, compresi quelli più maturi, si possono servire fra i 12° C e i 14° C.

I vini rossi
La temperatura di servizio dei vini rossi dipende da molti fattori, ma vista la loro natura “tannica” e meno acida dei bianchi, solitamente vengono serviti a temperature più alte. Vini rossi giovani poco tannici si servono solitamente fra i 14° C e i 16° C, mentre per quelli più corposi e tannici si può arrivare anche a 18° C. I vini affinati per anni in bottiglia, di corpo e ancora tannici, possono essere serviti a 18° C, eccezionalmente a 20° C. I vini rossi giovani poco tannici e poco strutturati, possono anche essere serviti fra i 12° C e i 14° C senza risultare astringenti e rimanere senz'altro piacevoli. Questa regola è senz'altro vera per i vini “novelli” che, grazie alla loro particolare tecnica di vinificazione, sono poveri in tannini e si possono servire più freddi rispetto agli altri vini rossi, risultando comunque gradevoli.

Vini spumanti
Vista la notevole quantità di tipologie di spumanti esistenti, stabilire una regola valida per tutte avrebbe poco senso. Gli spumanti bianchi dolci e aromatici, come per esempio l'Asti Spumante, vanno serviti ad una temperatura di 8° C; grazie alla loro aromaticità possono infatti sopportare basse temperature. Gli spumanti dolci rossi, come per esempio il Brachetto d'Acqui, possono essere serviti a temperature comprese fra i 10° C e i 12° C; anche in questo caso gli spumanti più aromatici sopportano temperature più basse fino a 8° C mentre per quelli un po' più tannici sarà necessario aumentare la temperatura anche fino a 14° C. Gli spumanti secchi cosiddetti “metodo Charmat” o “metodo Martinotti”, come per esempio il Prosecco di Valdobbiadene e Conegliano, possono essere serviti a temperature comprese fra gli 8° C e i 10° C. Una considerazione particolare va fatta per gli spumanti “metodo classico”, come per esempio il Franciacorta, e i “méthode champenoise”, come lo Champagne. In genere questi spumanti vengono serviti a temperature comprese fra gli 8° C e i 10° C, tuttavia quando si tratta di millesimati importanti o comunque di spumanti affinati per lungo tempo, si può arrivare anche a 12° C in modo da favorire lo sviluppo degli aromi complessi che lentamente e faticosamente si sono sviluppati nel corso del tempo.

Vini passiti e liquorosi
La caratteristica comune a queste due tipologie di vini è, in genere, l'alta percentuale di alcol e, spesso, sono entrambi dolci. Tuttavia esistono dei vini liquorosi secchi, come per esempio certe tipologie di Marsala e gli Jerez Fino, che contengono una quantità di zuccheri tale da non essere percepita al gusto. Per questi vini la temperatura di servizio va stabilita in funzione di cosa si intende valorizzare. Se si preferisce accentuare le caratteristiche dolci del vino, la complessità dei loro profumi e la loro austerità, sarà bene servirli ad una temperatura alta, fra i 14° C e i 18° C, ricordandosi in questo caso che sarà anche l'alcol ad essere esaltato. Se si intende favorire la loro freschezza, o nel caso di vini molto dolci in cui si preferisce mitigare questo aspetto, sarà necessario servirli ad una temperatura più bassa compresa fra i 10° C e i 14° C. I vini liquorosi secchi, freschi e giovani possono essere serviti anche a temperature più fredde e inferiori ai 10° C: in questo modo la percezione dell'alcol sarà notevolmente ridotta; tuttavia è necessario ricordare che più è bassa la temperatura e minore risulterà lo sviluppo degli aromi. La piacevolezza e la complessità dei profumi tipica di questi vini è una caratteristica gradita e interessante: servirli troppo freddi significa anche sacrificare questo importante aspetto.

26 February 2006

Sommelier III - bicchieri per vini rossi


Vini Rossi Giovani (Fig. .A) - Questo bicchiere è essenzialmente uguale a quello utilizzato per i vini bianchi corposi e maturi, di fatto si può utilizzare tranquillamente lo stesso bicchiere. Questo tipo di vino, con tannini, quando presenti, piuttosto aggressivi, deve stimolare principalmente le parti interne della bocca ed evitare, almeno nella fase iniziale di introduzione nella cavità orale, il contatto con le gengive che a causa dell'astringenza darebbero luogo ad una sensazione tattile poco piacevole. Il corpo del bicchiere dovrà essere inoltre largo in modo da consentire un'adeguata ossigenazione e sviluppo degli aromi.
Vini Rossi Corposi o Maturi (Fig. .B) - Le considerazioni fatte per il bicchiere precedente sono valide anche per questo. Le differenze sono nell'altezza e nella larghezza del bicchiere, in questo caso maggiore, e nell'apertura più stretta che favorirà la concentrazione degli aromi complessi, frutto della maturazione del vino sia in bottiglia sia in botte, esaltandone la percezione al naso.
Vini Rossi Corposi e Molto Maturi (Fig. .C) - La caratteristica di questi bicchieri data dalla loro grande dimensione, con corpo piuttosto ampio per consentire la giusta ossigenazione di vini rossi lungamente affinati in bottiglia e con tannini che hanno già assunto un carattere più morbido. La forma ampia di questo bicchiere consente inoltre di evitare, quando possibile, la decantazione del vino in quanto, data la sua ampiezza, consente un'adeguata ossigenazione del vino, sviluppando aromi complessi e terziari, che saranno ben concentrati nell'apertura più stretta. L'apertura è inoltre alta e diritta in modo da dirigere il vino inizialmente nella parte posteriore della bocca, esattamente per la stessa ragione degli altri bicchieri per vini rossi. Date le sue caratteristiche, questo bicchiere è da utilizzarsi per vini prodotti con uve piuttosto vigorose come il Sangiovese o il Cabernet Sauvignon.
Vini Rossi Corposi e Molto Maturi (Fig. .D) - Questo bicchiere costituisce una variante del precedente e la differenza è da ricercarsi nella sua apertura che tende ad aprirsi. Questa caratteristica dirige il vino verso la punta della lingua, più sensibile alla dolcezza, ed è utile per tutti i vini che con il tempo esaltano la loro componente acida, come per esempio il Pinot Nero e il Nebbiolo

Sommelier III - bicchieri per vini bianchi e rosati


Vini Bianchi Giovani e Freschi (Fig. .A) - La caratteristica principale di questo bicchiere è la forma della sua apertura che tende ad allargarsi rispetto al corpo. Quando il vino viene introdotto nella bocca, questa particolare forma dirige il liquido principalmente nella punta della lingua, più sensibile alla dolcezza, e quindi ai lati della lingua, più sensibili all'acidità. Questo bicchiere è inoltre adatto per i vini giovani e freschi che hanno inoltre un certo residuo zuccherino che deve essere valorizzato. La forma del calice consente inoltre di concentrare i profumi verso il naso e favorendo la percezione degli aromi delicati e fruttati dei vini giovani.
Vini Bianchi Corposi e Maturi (Fig. .B) - Il corpo più largo con apertura maggiore, consentiranno una migliore percezione degli aromi complessi dei vini bianchi maturi. I vini bianchi maturi e strutturati saranno valorizzati in bocca grazie all'apertura diritta che dirigerà il vino nelle parti laterali e posteriori della lingua, per poi giungere, infine, alla punta e valutare quindi, in modo complessivo, la sua morbidezza.
Vini Rosati Giovani e Freschi (Fig. .C) - In questo tipo di bicchiere valgono le stesse considerazioni fatte per il calice per vini bianchi giovani; l'apertura allargata consente di dirigere il vino sulla punta della lingua, più sensibile alla dolcezza, in modo da rendere il vino più equilibrato. Altra caratteristica di questo bicchiere è il corpo largo che consente un'adeguata ossigenazione del vino e quindi un corretto sviluppo degli aromi.
Vini Rosati Corposi e Maturi (Fig. .D) - Per questo calice valgono le stesse considerazioni fatte per i vini bianchi corposi e maturi. La forma più larga del corpo favorisce un'adeguata ossigenazione del vino e lo sviluppo degli aromi.

Sommelier III - tipologie di bicchieri


Una delle caratteristiche fondamentali di un buon bicchiere è che deve consentire il giusto apprezzamento dell'aspetto del vino, pertanto deve essere assolutamente incolore, trasparente, senza decorazioni e sfaccettature.
Il bicchiere dovrà essere preferibilmente di cristallo, tuttavia è più che accettabile anche il mezzo cristallo e il vetro sonoro superiore. Indipendentemente dal tipo di materiale con cui sono stati prodotti i bicchieri, cristallo o vetro superiore, è importante che il suo spessore sia piuttosto fine, possibilmente inferiore al millimetro. Uno spessore maggiore, oltre ad essere fastidioso per il tatto delle labbra, finirebbe anche per alterare la percezione di alcune sensazioni tattili.
I bicchieri da vino dovrebbero avere sempre la forma di calice, una base sufficientemente larga per mantenerli stabilmente in piedi, un lungo gambo e una forma del corpo tale da esaltare le diverse tipologie di vino. L'importanza della presenza di queste caratteristiche è essenziale in quanto consentono di apprezzare e di alterare il meno possibile il vino. Il lungo gambo evita, per esempio, che la mano si trovi in prossimità del corpo del bicchiere con il rischio di alterare la temperatura del vino oltre a trovarsi più vicina al naso e alterare la percezione degli aromi. Per questa ragione il bicchiere va sempre mantenuto per la base, al limite nella parte inferiore del gambo, mai per il corpo. Si ricorda, infine, che un bicchiere va riempito al massimo fino ad un terzo del suo volume.
Ogni vino ha caratteristiche organolettiche proprie e diverse da ogni altro, per questa ragione, ogni vino dovrebbe essere servito in un bicchiere adeguato e capace di valorizzare le sue caratteristiche. I bicchieri da vino sono disponibili in diverse forme e caratteristiche, spesso così “estreme” che certi produttori tendono a produrre forme e tipologie specifiche, non solo per determinati vini, ma anche per determinati vini fatti con certe uve o provenienti da specifiche zone. Se si dovesse seguire realmente tutto ciò che viene proposto dai produttori di bicchieri e dal mercato, ogni appassionato di vino avrebbe bisogno di un apposito locale solamente per la conservazione dei bicchieri, una condizione che, probabilmente, solamente in pochi si possono permettere.
Si deve comunque riconoscere che la forma del bicchiere aiuta a valorizzare un vino e in genere è il risultato di studi e ricerche specifiche, sia sulla percezione organolettica degli aromi e dei sapori, sia su caratteristiche e condizioni fisiche che consentono di favorire la loro percezione. Le figure , , e riportano alcune delle forme di bicchieri da vino più comunemente utilizzate per il servizio. Questo non significa che ogni appassionato di vino che si rispetti debba possedere tutte questi tipi di bicchieri, la disponibilità di quattro o cinque tipi per le diverse tipologie di vino è più che sufficiente.

22 February 2006

Sommelier II - tipologia delle bottiglie










Da sinistra verso destra: Bordolese,
Borgognona, Flauto, Champagnotta, Albeisa


La forma delle bottiglie deriva principalmente dalle tradizioni dei luoghi dove queste venivano prodotte e alcune di queste sono pressoché diffuse in tutto il mondo e utilizzate in modo massiccio per l'imbottigliamento del vino. L'elenco seguente riporta le bottiglie più utilizzate per l'imbottigliamento dei vini oltre ad alcune bottiglie strettamente legate a particolari vini prodotti in determinate zone.
Tipologie di bottiglie

Bordolese
Originaria della zona di Bordeaux, questa bottiglia ha una forma cilindrica, spalle molto accentuate e un collo corto, ed è tra le bottiglie più utilizzate al mondo per l'imbottigliamento dei vini sia bianchi sia rossi. Può essere incolore per i vini bianchi, soprattutto nella zona di Bordeaux, mentre è di colore verde e marrone per i vini rossi – a protezione dalla luce che ne altererebbe le caratteristiche - e spesso anche per i vini bianchi.

Borgognona
Questa bottiglia, originaria della Borgogna, ha forma cilindrica, spalle slanciate e collo lungo, è molto utilizzata nel mondo prevalentemente per i vini bianchi. In Borgogna è indifferentemente utilizzata sia per i vini bianchi sia per quelli rossi.

Flauto o Renana o Alsaziana
Questo tipo di bottiglia è originaria della zona del Reno e dell'Alsazia ed è utilizzata per i vini bianchi. La forma slanciata, senza spalle e senza rientranza sulla base, suggerisce l'uso per i vini bianchi che non lasciano deposito e che vanno consumati in breve tempo (di pronta beva).

Champagnotta
Originaria della zona della Champagne, questa bottiglia è utilizzata in tutto il mondo per i vini spumanti. La forma è molto simile alla bottiglia Borgognona, tuttavia la Champagnotta è di vetro più spesso perché deve resistere ad una pressione maggiore (fino a 12 atmosfere) e ha un cercine molto sporgente per consentire un sicuro ancoraggio della gabbietta.

Albeisa
Tipica bottiglia della zona di Alba e tradizionalmente utilizzata per l'imbottigliamento dei vini sia bianchi sia rossi della provincia di Cuneo. Ha forma cilindrica, spalle slanciate e collo lungo e la sua forma ricorda quella della Borgognona.

Marsalese
Ha forma cilindrica, spalle pronunciate e collo leggermente rigonfiato. Tipica della zona di Marsala, viene utilizzata per l'imbottigliamento del celebre vino fortificato che porta lo stesso nome della città di origine.

Porto
Questa bottiglia è utilizzata per l'imbottigliamento del vino Porto. Bottiglie di forma molto simile a questa vengono utilizzate anche per l'imbottigliamento dei celebri vini di Jerez (Sherry) e Madeira. La sua forma è cilindrica, non molto alta, e con spalle piuttosto pronunciate.

Ungherese
Questa bottiglia, di forma cilindrica e vetro incolore, è utilizzata per l'imbottigliamento del celebre vino Ungherese Tokaji Aszú. La sua capacità è di 0,500 litri.

Bocksbeutel
Originaria della Franconia, questa bottiglia assomiglia ad una fiasca schiacciata ed è utilizzata per l'imbottigliamento di qualunque vino della zona di origine

Sommelier - I - il corso








Chi è il Sommelier?
Il Sommelier è una figura di esperto al quale rivolgersi per le notizie sulle caratteristiche dei vini e degli abbinamenti. Pertanto, egli deve essere in grado di rispondere con competenza alla richiesta di tali informazioni. Poiché si tratta di una materia molto vasta ed in continua evoluzione, egli ha il dovere di arricchire costantemente le proprie conoscenze e di aggiornarsi su tutte le innovazioni eno-tecnologiche.

Come è strutturato un corso per Sommelier FISAR?
I corsi per Sommeliers FISAR si articolano su tre livelli:

Primo Livello
Le funzioni del sommelier
Fisiologia dei sensi
Analisi Sensoriale
Viticoltura
Enologia (vinificazione bianchi)
Enologia (vinificazione rossi e rosati)
Enologia (spumanti)
Enologia (vini speciali)
Enologia (alterazioni, difetti e malattie)
Legislazione vitivinicola
I Distillati
La Birra e le altre bevande - Test finale

Secondo Livello (Enografia)
Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria
Lombardia, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna
Veneto, Friuli-Venezia Giulia
Toscana, Umbria
Marche, Lazio, Abruzzo, Molise
Campania, Puglia, Basilicata
Calabria, Sicilia, Sardegna
Francia (Champagne, Borgogna, Alsazia)
Francia (Bordeaux, Loira, Sud Ovest)
Francia (Rodano, Provenza, Linguadoca, Rossiglione, Corsica) e Portogallo
Spagna, Germania e resto dell'Europa
Le Americhe
Oceania e Africa
Test finale

Terzo Livello (Abbinamento cibo-vino)
Alimentazione
Metodologia dell'abbinamento-successione dei vini e dei cibi
Gli antipasti
I primi piatti, le salse, i condimenti
Il pesce
Le carni
Le verdure, i funghi, i tartufi
I formaggi
I dolci
Lezione riepilogativa. Cucina del territorio

Possono essere aggiunte da parte della Delegazione organizzatrice ulteriori lezioni per approfondire alcuni aspetti del programma. Durante ogni lezione del primo e del secondo livello si svolgerà la degustazione guidata di almeno due-tre vini. Per accedere dal primo al secondo livello e dal secondo al terzo, occorre superare positivamente una prova d'esame rappresentata da un questionario concernente gli argomenti trattati nel livello. Al termine del terzo livello si terrà l'esame finale concernente tutti gli argomento trattati nei vari livelli. Chi lo supera positivamente riceverà il diploma di Sommelier FISAR.

10 February 2006

Zuppa di patate e trota affumicata



eccola, una delle mie zuppe preferite, zuppa di patate e trota affumicata, preparata per la Vigilia di Natale...con molto successo :)
Ingredienti (per circa 4 persone)
- 3 grosse patate
- 3 porri
due filetti di trota affumicata
- un mazzetto di prezzemolo
- qualche stelo di erba cipollina
una foglia di alloro
- uno spicchio d'aglio
- 150 gr di yogurt greco oppure due o tre noci di burro
- un cucchiaio di semi di papavero
- 8 dl di brodo di pesce o brodo giapponese dashi (io uso il dashi)
- olio extra vergine di oliva
- sale e pepe
- facoltativo (per i non celiaci) pane di segale

Sbucciate le patate e tagliatele a cubetti; pulite i porri e affettateli finemente. Dopo aver lavato le due verdure, mettetele in una casseruola (ottima anche una padella antiaderente con i bordi un po' alti) e copritele a filo con acqua, aggiungendo una presa abbondante di sale grosso e la foglia di alloro. Portate a bollore e fate cuocere a fuoco medio per 20 minuti, fino a che le patate non saranno morbide. Alzate la fiamma e aggiungete due cucchiai di olio, lo spicchio d'aglio sbucciato, l'erba cipollina tegliata finemente e il brodo di pesce (o brodo dashi). Mescolate il tutto e fare cuocere per altri 10 minuti. Infine, unite i filetti di trota spezzettati grossolanamente e cuocete ancora per 5 minuti. Tolta la zuppa dal fuoco, incorporarvi metà dello yogurt*, il prezzemolo tritato, i semi di papavero. Regolate di sale e profumate con una macinata di pepe. Suddividete la zuppa in ciotole individuali e presentatela a tavola con il resto dello yogurt servito a parte in una salsiera. Accompagnate con fette di pane integrale o di segale leggermente tostate.

* al posto dello yogurt, la si può condire con due noci di burro, che arricchiscono molto il sapore.

19 January 2006


i muffins sono riusciti per nulla bene, anche perché non ho seguito la ricetta. il 2 gennaio però, gita all'Ikea di Padova, e nuovo look per i 'tessili' della mia cucina. archiviato il blu, mi sono spostata su tinte più raffinate ;-p
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