ho ripreso a cucinare - il che in poche parole significa che, oltre ad aprire pacchetti di tortilla chips, cucinare al vapore verdure varie e far saltare tappi da bottiglie di vino e/o birra, ho ripreso in mano una padella e una pentola - e ho smesso di imbottirmi di telegiornali. tra parentesi, ormai quelli italiani sono inguardabili per cui mi rimane 'solo' la BBC World, la NHK giappa (della serie andiamo alla fonte. da oggi, mi pare, è nuovamente criptata, cosa che da un lato mi dipsiace e dall'altro mi conforta, se sta ad indicare che il peggio è passato. o forse significa semplicemente che peggio di così non può andare) le mail dell'ambasciata italiana in Giappone che molto carinamente mi gira la mia amica G., l'Internazionale, forse il Sole 24 Ore ma devo ancora decidere, e gli innumerevoli blog giappi che seguo. la mia attenzione comunque è tutta lì. e non certo perché sia minimamente preoccupata di fantomatiche nubi tossiche che possono arrivare fin qui (d'altronde mia mamma le verdure ce le dava ugualmente, anche dopo Chernobyl, e per questo, la amo anche di più). immagino abbia a che fare con il cuore, che spesso sceglie per tutto il resto. il mio paese del cuore è il Giappone, nonostante la caccia alle balene e le altre cose che non capisco. e non è che l'amore sia cieco, è che è solo amore, non gli si può chiedere di essere qualcos'altro. il tutto per dire che ho ripreso a prepararmi gli obento (e le chips le lascio per lo sconforto della sera), a fare progetti - a seguire i miei progetti - a studiare - tutta la pesantezza dello studio, dopo ore di ufficio, svanisce se penso che ogni parola nuova che imparo mi serve per comunicare meglio con il mio innamorato, per dirgli 'ti amo' con sfumature sempre nuove - ho appeso fuori dalla finestra della camera la bandiera Giapponese e ho smesso di piangere ogni secondo minuto pensando al mare che si è mangiato tutte quelle persone.
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